Il cuore sano e dolce dell'Europa...
Viviamo in un mondo in cui si dà una grande importanza alle immagini e alla carica simbolica che possono esprimere.
Il giorno successivo alla notizia che Papa Francesco si recherà in Grecia, all'isola di Lesbo per incontrare (assieme al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e all'Arcivescovo di Atene Ieronimos II) i rifugiati e "risvegliare" le coscienze dell'Europa intorpidite dalla "globalizzazione dell'indifferenza", vari mass-media hanno riproposto la storia delle tre anziane greche che allattano un bambino siriano, figlio di profughi, scena immortalata da una famosa fotografia di qualche tempo fa.
Maritsa Maurapidu (85 anni), Emilia Kamvisi (84 anni) e Efstasia Mavrapidu (90 anni), questi i loro nomi, diventate famose come le "nonne di Lesbo", sono state proposte, come candidate al Premio Nobel per la Pace.
In effetti l'immagine della foto è suggestiva perchè racchiude in sè alcuni elementi di riflessione.
Innanzitutto le tre anziane che allattano il bambino ben rappresentano questa nostra Europa invecchiata e stanca - oramai tendente a ripiegarsi su di sè e sui propri acciacchi - che nell'accoglienza e nello sfamare un piccolo essere umano in una situazione di bisogno (il bambino siriano), ritrova una vitalità inaspettata. Come a dire che questa ondata di rifugiati che si sta riversando alle porte del nostro continente può rappresentare una "chance" da non sprecare. L'Europa ha bisogno di forze giovani e la vera sfida non sta nel chiudersi e difendersi, respingendo, ma nell'accogliere ed integrare, amando. L'abbraccio accogliente e protettivo delle tre anziane al bambino siriano è una felice sintesi di tutto questo.
La seconda riflessione riguarda il valore della memoria; le tre appartengono infatti a famiglie di profughi che fuggirono dalla Turchia e si rifugiarono nell'isola a seguito delle persecuzioni contro la minoranza greca avvenute nel 1922. Conoscono, dai racconti dei loro genitori, il dramma di dover lasciare tutto per fuggire e salvarsi la vita; la fatica di doversi ricostruire una nuova vita e l'incertezza riguardo il futuro. Il senso della memoria le fa essere generose ed accoglienti verso i nuovi profughi. Una di loro ha recentemente affermato: "Se hanno rischiato di annegare, vuol dire che di là non potevano restare!". Parole semplici che indicano una comprensione profonda del problema, quasi a dire: "di là non potevano restare e noi che abbiamo conosciuto il loro stesso dramma, dobbiamo essere accoglienti, perchè anche noi fummo accolte".
Ma la forza delle "nonne di Lesbo" proviene sicuramente anche dalla memoria della Guerra. Loro hanno conosciuto le distruzioni, i massacri Seconda Guerra Mondiale e il dramma che questo rappresentò per la loro generazione. Nei racconti degli anziani spesso si ritrovano le ragioni più profonde per comprendere l'assurdità della guerra. E chi ha conosciuto la guerra sa quanto sono importanti i gesti di solidarietà anche quelli più semplici, come dividere un pasto, ospitare una persona che ha perduto tutto, dire una parola di conforto.
Infine c'è un altro elemento non trascurabile. Le famiglie delle tre donne provengono da un mondo, quello del grande Impero Ottomano che, seppure nell'ultimo periodo abbia visto le violente persecuzioni verso le minoranze, fu carratterizzato per lunghi secoli dalla convivenza tra mondi diversi. Per le tre anziane non rappresenta un problema, a differenza di molti europei, il fatto che gran parte dei profughi sia di religione islamica. Una di loro ha affermato: "Non capisco questa diffidenza perchè hanno il velo e pregano in un altro modo. Anch'io metto il foulard la domenica, ma siamo tutte madri e tutti figli a questo mondo. Quando un dottore incontra un rifugiato che parla inglese li vedo che diventano amici, si rilassano, ridono. Come qualunque ragazzo. Il Papa, povero figlio, se viene fin qua dev'essere perchè anche lui l'ha capita questa cosa".
Per le "nonne di Lesbo", che hanno nel loro DNA il gene della "convivenza tra mondi diversi", non è importante la provenienza o il credo religioso, ma l'essere umano che chiede aiuto e a cui bisogna in qualche modo rispondere.
Un sentito grazie alle tre tenere anziane di Lesbo che con la loro grammatica semplice dell'accoglienza hanno difeso l'onore dell'Europa.
In effetti l'immagine della foto è suggestiva perchè racchiude in sè alcuni elementi di riflessione.
Innanzitutto le tre anziane che allattano il bambino ben rappresentano questa nostra Europa invecchiata e stanca - oramai tendente a ripiegarsi su di sè e sui propri acciacchi - che nell'accoglienza e nello sfamare un piccolo essere umano in una situazione di bisogno (il bambino siriano), ritrova una vitalità inaspettata. Come a dire che questa ondata di rifugiati che si sta riversando alle porte del nostro continente può rappresentare una "chance" da non sprecare. L'Europa ha bisogno di forze giovani e la vera sfida non sta nel chiudersi e difendersi, respingendo, ma nell'accogliere ed integrare, amando. L'abbraccio accogliente e protettivo delle tre anziane al bambino siriano è una felice sintesi di tutto questo.
La seconda riflessione riguarda il valore della memoria; le tre appartengono infatti a famiglie di profughi che fuggirono dalla Turchia e si rifugiarono nell'isola a seguito delle persecuzioni contro la minoranza greca avvenute nel 1922. Conoscono, dai racconti dei loro genitori, il dramma di dover lasciare tutto per fuggire e salvarsi la vita; la fatica di doversi ricostruire una nuova vita e l'incertezza riguardo il futuro. Il senso della memoria le fa essere generose ed accoglienti verso i nuovi profughi. Una di loro ha recentemente affermato: "Se hanno rischiato di annegare, vuol dire che di là non potevano restare!". Parole semplici che indicano una comprensione profonda del problema, quasi a dire: "di là non potevano restare e noi che abbiamo conosciuto il loro stesso dramma, dobbiamo essere accoglienti, perchè anche noi fummo accolte".
Ma la forza delle "nonne di Lesbo" proviene sicuramente anche dalla memoria della Guerra. Loro hanno conosciuto le distruzioni, i massacri Seconda Guerra Mondiale e il dramma che questo rappresentò per la loro generazione. Nei racconti degli anziani spesso si ritrovano le ragioni più profonde per comprendere l'assurdità della guerra. E chi ha conosciuto la guerra sa quanto sono importanti i gesti di solidarietà anche quelli più semplici, come dividere un pasto, ospitare una persona che ha perduto tutto, dire una parola di conforto.
Infine c'è un altro elemento non trascurabile. Le famiglie delle tre donne provengono da un mondo, quello del grande Impero Ottomano che, seppure nell'ultimo periodo abbia visto le violente persecuzioni verso le minoranze, fu carratterizzato per lunghi secoli dalla convivenza tra mondi diversi. Per le tre anziane non rappresenta un problema, a differenza di molti europei, il fatto che gran parte dei profughi sia di religione islamica. Una di loro ha affermato: "Non capisco questa diffidenza perchè hanno il velo e pregano in un altro modo. Anch'io metto il foulard la domenica, ma siamo tutte madri e tutti figli a questo mondo. Quando un dottore incontra un rifugiato che parla inglese li vedo che diventano amici, si rilassano, ridono. Come qualunque ragazzo. Il Papa, povero figlio, se viene fin qua dev'essere perchè anche lui l'ha capita questa cosa".
Per le "nonne di Lesbo", che hanno nel loro DNA il gene della "convivenza tra mondi diversi", non è importante la provenienza o il credo religioso, ma l'essere umano che chiede aiuto e a cui bisogna in qualche modo rispondere.
Un sentito grazie alle tre tenere anziane di Lesbo che con la loro grammatica semplice dell'accoglienza hanno difeso l'onore dell'Europa.
Francesco Casarelli
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