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La storia non cambia se tu non la cambi. Le leggi razziste del 1938


Ieri a Ostia (X municipio di Roma)  abbiamo avuto un altro importante momento di riflessione su quel famigerato 1938, anno in cui vennero prese misure discriminatorie contro la comunità ebraica italiana, con un complesso di leggi razziste e antisemite, dal titolo è 80° Anniversario dell’emanazione delle leggi razziali e il suo antidoto, il 70° anniversario della Costituzione Italiana. Il nostro blog è già più volte intervenuto sulle leggi razziali del fascismo – delle quali lo storico Riccardi ha detto di non capire “perché ancora oggi non vengano chiamate leggi razziste” -, emanate nel 1938, anno in cui il regime fascista consolidò il suo volto totalitario. Tali norme rappresentarono senza dubbio una vergogna e una infamia imperdonabile. L’Assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale del Comune di Roma Laura Baldassarre ha promosso un evento a favore degli studenti, mettendo in relazione l’emanazione delle leggi razziali nel 1938 e l’emanazione della Costituzione italiana, dieci anni dopo, quale suo antidoto.


Centinaia di studenti son intervenuti ad ascoltare Sami Modiano, Testimone dell’Olocausto, 
Ruth Dureghello, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Giovanni Maria Flick, Costituzionalista, Tina Costa, Partigiana Anpi, Simone Oggionni, Huffington Post.
Eppure gli ebrei italiani non furono estranei al processo risorgimentale italiano, ha giustamente ricordato Giovanni Maria Flick. Numerosi ebrei militavano nelle truppe del generale Enrico Cadorna che il 20 settembre 1870 entrarono in Roma attraverso la breccia aperta nelle mura aureliane all’altezza di Porta Pia e poiché  il Papa aveva minacciato di scomunica colui che avesse sparato il primo colpo di cannone,  tale onore, ed onere, venne affidato a Giacomo Segre, ebreo torinese. Ma per l’unità di tutto il territorio nazionale bisognerà attendere la prima guerra mondiale alla quale gli ebrei, ormai soggetti al servizio di leva alla stregua di tutti gli altri  italiani, parteciparono dando prova di grande coraggio e abnegazione, come provano le numerose onorificenze meritate sul campo. Ancora più numerosi i volontari, spesso neppure maggiorenni. 790 quelli di cui si conosce il nome. Le leggi razziali – ha ricordato Flick - furono adottate e firmate dal Re Vittorio Emanuele III, in un clima socio-culturale e politico nel quale già l’ideologia della razza e della supremazia del popolo italiano si era diffusa. Per usare un’espressione moderna, esse rappresentavano un puro brand fascista.
Sami Modiano, testimone dell’Olocausto, durante gli incontri con gli studenti, inizia il suo racconto proprio da quel giorno in cui il maestro lo chiamò alla cattedra e con un’espressione di grandissimo dolore gli comunicò che doveva lasciare definitivamente la scuola e che il motivo glielo avrebbe spiegato suo padre, a casa. Nel 1938 era solo un bambino di 8 anni. Frequentava la III elementare ed non riusciva a capire la spiegazione che papà Giacobbe gli diede e la sua risposta fu: “no papà, io non mi sento diverso”. E il papà continuò dicendogli: “quando sarai grande capirai”. Sami non lo capì a 8 anni e continua a non capirlo ora che ne ha 88. Si rifiuta di capire quello che è incomprensibile, ma che è realmente successo. Modiano, a differenza di tanti sopravvissuti ha avuto il coraggio di rivivere quei fantasmi e portarli nel presente. Ha giurato di farlo, ricordando spesso che se “io sono sopravvissuto è perché sono stato scelto, potevo morire come tutti quanti, ho delle immagini davanti ai miei occhi perché non sono morto? Ci sono gesti impossibili e sono uscito vivo. Questo mi fa capire che qualcuno ha voluto che facessi in modo di essere qui. Io non volevo accompagnare i ragazzi a Birkenau, credevo che i ragazzi non mi avrebbero creduto. Primo Levi è stato uno di quelli che mi ha stimolato di più. Anche io devo fare qualcosa, grazie a Dio sono un uomo molto più felice, sono stanco, soffro, ma non mi importa lo continuerò a fare perché ne vale la pena. Sono due parole: mai più”.

Ma come è possibile che ci sia ancora chi inneggia all’antisemitismo in Italia e nel mondo? Che si possa indossare con leggerezza una t-shirt con la scritta “Auschwitzland”! Simone Oggionni, esperto di antisemitismo. ha spiegato ai presenti cos’era l’antisemitismo ieri e ha illustrato quanto ancora sia presente oggi nella Rete. Se nel secolo scorso esisteva il Ministero per la propaganda, oggi esiste la Rete che è totalmente fuori controllo, uno strumento tanto perverso quanto rintracciabile (nel senso che di tutto quello che si scrive ne resta una traccia, comunque spesso impossibile da controllare e arginare). E agli studenti che non hanno ancora studiato cosa ha significato la Resistenza in Italia, ha consigliato di ascoltare una canzone di Luciano Ligabue,  I campi di aprile, che narra di un ragazzo che morì poco prima del 25, la liberazione. Ci piace riportarne il testo.

Se fossi lì in mezzo
Avrei novant’anni
Avrei dei nipoti con cui litigare
Ma ho fatto una scelta
In libera scelta
Non credo ci fosse altra scelta da fare
Scelta migliore
Ho avuto una vita
Nessuno lo nega
Me ne hanno portato via il pezzo più grosso
Se parti per sempre
A neanche vent’anni
Non sei mai l’eroe sei per sempre il ragazzo
I campi in Aprile
Promettono bene
Se questa è la terra è proprio la terra che non lascerò
Ho avuto per nome
Luciano Tondelli
Col vostro permesso io non me ne andrò
Se muori in aprile
Se muori col sole
Finisce che muori aspettando l’estate
A me è capitato
A guerra finita
Mancavano solo dieci giornate
I campi in Aprile
Promettono bene
Son nato in un posto cresciuto in un posto che non lascerò
C’è un quindici aprile
Accanto al mio nome
Col vostro permesso io non me ne andrò
Voi non mi chiedete
Se rifarei tutto
Ho smesso di farmi la stessa domanda
Qualcuno mi disse
Ricorda ragazzo
La storia non cambia se tu non la cambi
I campi in Aprile
Promettono bene
Se questa è la terra è proprio la terra che non lascerò
Luciano Tondelli
È ancora il mio nome
Sappiate comunque che non me ne andrò
Se fossi lì in mezzo
Avrei novant’anni
Avrei dei nipoti con cui litigare
A cui raccontare

La canzone narra una storia: quello di un ragazzo che fa una scelta chiara, che è quella di metterci tutto se stesso, anche la vita, pur di difendere la libertà di cui godiamo oggi.

Barbara Costa

Antonio Salvati



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