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I rom e la colpevole distrazione di massa


Diciamo subito che sono lo 0,23% della popolazione. Una percentuale che scaturisce da una stima, non essendoci dati certi. Infatti, si presume che siano tra 120mila e 180mila persone, la percentuale tra le più basse in Europa. In altri termini, un’inezia. Eppure hanno il “potere” o la “capacità” di suscitare reazioni forte, scomposte per usare un eufemismo. Hanno ragione coloro – come Giulio Cavalli – che sostengono che sono diventati, loro malgrado, a pieno titolo un’efficace arma di distrazione di massa. Dopo i fatti di Torre Maura arriva un altro quartiere di Roma ad alzare la voce, Casalbruciato , dove gruppi di estrema destra hanno aggredito una famiglia rom regolarmente assegnataria di una casa popolare. I rom sono ancora una volta l’ennesima emergenza che non c’è per scovare nuovi – spiega Cavalli - bacini di cattivisti pronti a scendere in piazza e sperare nell’uomo forte in memoria di quello che fu. Colpa loro del lavoro e del reddito che mancano (mentre i pochi che continuano a essere sempre più ricchi passano abilmente inosservati o ad essere omaggiati). Colpa loro dell’ingente debito pubblico del nostro paese. Colpa loro se tanti eludono il pagamento delle imposte dovute al fisco. E così via. Del resto dei migranti, dei “negri”, si sta esaurendo la narrazione, entrando a far parte, in questa classifica degli orrori, dei penultimi.


Eppure i terribili rom, in buona parte, sono italiani. Pertanto, sono a casa loro, come si suol dire. Nessuno vuole disconoscere i fatti di microdelinquenza che vedono alcuni di loro coinvolti, seppur spesso derivanti da una scarsa integrazione che – come accade a bianchi e neri, a italiani e non – determina disagio sociale e quant’altro. Come non ricordare quanto accade ai rifugiati a causa del pessimo – e, speriamo presto, incostituzionale – decreto sicurezza che li ha ridotti a dei perfetti clandestini.
E la classe politica? Dopo il mantra sulle ong, divenuto ormai vetusto, sembra completamente incapace di dare risposte. Si fa sempre più “corta” – direbbe Andrea Riccardi -, sottomessa al presentismo degli annunci e dei fuochi d’artificio degli scontri, una politica senza tempo, molto personale, senza respiro. Una politica ridotta a polemica continua: una polarizzazione permanente senza respiro, mentre s’invoca più trasparenza e onestà,  quasi eccesso di luce che acceca. Sovente si tratta di fuochi di artificio. Insomma molte luci, ma poche visioni! Questa debolezza si ritrova nel dibattito tra le forze politiche che si compongono e si scompongono, un dibattito costituito sempre da contrapposizioni, tanto da svalutare l’arte del compromesso politico come “inciucio”. Una politica che non sa porre termine a questa guerra tra penultimi contro gli ultimi, a questa tra poveri. Una politica che non comprende che questa guerra scaturisce domande di servizi e di diritti inevasi.
I tempi della politica tendono a coincidere con quelli dell'informazione, anche se in realtà non sarebbero gli stessi. La realtà si appiattisce, diviene cronaca, azione e reazione immediata, dichiarazione e controdichiarazione, mentre la politica democratica avrebbe bisogno di riflessione e di tempo per svilupparsi. “Conoscere per deliberare” diceva Einaudi, maestro del buon governo in anni lontani: pare una follia in quest'epoca di velocità.
Oggi il Papa ha incontrato 500 rom e sinti nel Palazzo apostolico vaticano. Per Papa Francesco la parola rom non evoca il fantasma urbano del povero, dell’accattone, di colui che fruga nei cassonetti. Soprattutto non la pronuncia con sdegno o abbinandola a un problema da risolvere. Non è una parola che genera timore, che richiama paure ataviche, che rafforza pregiudizi e stereotipi. Per papa Francesco dietro quelle tre lettere, invece, ci sono volti di donne, di uomini e di bambini. Ci sono persone che nella maggior parte dei casi vivono in abitazioni come le nostre, studiano, lavorano, pagano le tasse. In chiaro riferimento alla famiglia rom, assegnataria regolare di una casa popolare ha detto: «quando leggo sui giornali qualcosa brutta vi dico la verità: soffro. Oggi ho letto qualcosa brutta e soffro perché questa non è civiltà: non è civiltà». Francesco ha esortato i suoi ospiti a non covare il rancore e la vendetta, sottolineando che le organizzazioni che in Italia sono «maestre di vendetta» e di «omertà» sono delinquenti, non coloro che vivono e lavorano con dignità.

Antonio Salvati

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