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Povertà educativa, lavoro, legalità e autonomia abitativa. Le emergenze delle nuove generazioni


Anche quest’anno puntuale è uscito il Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo, nelle librerie in questi giorni per le edizioni “Il Mulino”. Un prezioso identikit degli under 35 italiani tra luci ed ombre. Un vero proprio percorso nell'universo giovanile a partire dalla dimensione educativa, dal lavoro e l'autonomia dalla famiglia, il civismo e la cultura della legalità, il consumo di alcolici e i comportamenti a rischio, il valore dell'amicizia e un focus speciale sui giovani al Sud. «La chiave di lettura di questa edizione del Rapporto Giovani – spiega il sociologo Alessandro Rosina, coordinatore scientifico del Rapporto Giovani - è quella del presente, che può essere considerato come tempo di attesa inoperosa che qualcosa accada nella propria vita, come tempo di piacere, svago e interazione con gli altri, come tempo di scelte che impegnano positivamente verso il futuro personale e collettivo. Sono soprattutto tali scelte a risultare deboli oggi nei percorsi di vita di troppi giovani italiani».


Vengono evidenziate soprattutto la povertà educativa, la sottoccupazione e la rassegnazione degli under 35 riguardo al futuro. Rispetto a dieci anni fa, all'inizio della Grande crisi, la situazione è ulteriormente peggiorata, con i Neet (i giovani che non studiano e non lavorano), passati dal 21,3% del 2007 al 29,1% attuale. In pratica, si legge in una nota del Toniolo, una generazione «è invecchiata peggiorando progressivamente la propria condizione e arrivando a superare i 30 anni di età con un carico di fragilità record in Europa. Se nel 2007 - prosegue l'analisi - all'età di 20-24 anni, il divario con la media europea era di circa 6 punti percentuali, risultava salito nel 2017, all'età di 30-34 anni, oltre i 10 punti percentuali». In altri termini, molti giovani italiani invecchiano senza vedere sostanziali progressi nella costruzione del proprio progetti di vita. Conseguentemente rivedono progressivamente al ribasso i propri obiettivi, alcuni rassegnandosi anche a non raggiungerli. Tanto che la percentuale di chi pensa che si troverà senza lavoro nel mezzo della vita adulta (a 45 anni) sale dal 12,6% di chi ha 21-23 anni al 34,9% di chi ha 30-34 anni. Si tratta del valore più altro in termini comparativi con gli altri grandi paesi europei.
Evidentemente, il record italiano in Europa di under 35 inattivi contribuisce a ridurre le possibilità di crescita economica del paese. Inoltre, aumenta la combinazione negativa tra diseguaglianze generazionali, sociali, geografiche e di genere. Seppur il tasso di dispersione scolastica e il tasso di Neet sono in riduzione negli ultimissimi anni, continuano ad essere tra i più alti in Europa, aumentando la fragilità per chi si trova in tale condizione.
Ovviamente, il rischio più elevato, a parità di altre caratteristiche, lo presentano i giovani «in possesso di basse credenziali formative», che vivono in contesti familiari con basse risorse socioculturali e che vivono in aree con basso sviluppo e povere di opportunità. Restiamo un paese che meno di altri riduce lo svantaggio di partenza, lasciando icrementaare le conseguenze negative, attraverso il maggior rischio di povertà educativa e il deterioramento di competenze e motivazioni prodotto dalla persistenza nella condizione di Neet.
Il Rapporto evidenzia, inoltre, come la famiglia continui a giocare «un ruolo fondamentale nel socializzare i giovani al rispetto delle leggi e allo sviluppo di una cittadinanza attiva», mentre emerge una debolezza strutturale degli «agenti mediatori che non sembrano contribuire in modo significativo ai processi di formazione della coscienza civica», con il rischio di favorire la riproduzione delle disuguaglianze sociali e di cittadinanza.
Nella transizione alla vita adulta è rilevante la conquista di una propria autonomia abitativa dai genitori: l’indagine mette in luce i significati assegnati oggi dai giovani a tale scelta. La difficoltà a rendersi indipendenti ha ripercussioni importanti sull’identità e sulla possibilità di acquisire un ruolo all’interno della società. I giovani chiedono un maggior rafforzamento della cultura della legalità, che passi non solo attraverso l'aumento della vigilanza e la certezza della pena, ma anche l'investimento nell'educazione e «sembrano attribuire molta importanza alle leggi come strumenti di regolazione sociale e di garanzia delle libertà personali, allo stesso tempo avvertono un alto grado di illegalità diffusa».


Per quanto concerne il rapporto tra le nuove generazioni e l’uso di bevande alcoliche, la maggioranza, circa l'80% degli intervistati, adotta comportamenti di consumo moderato a differenza da quanto ci segnalano spesso i media. Tuttavia, «sebbene tutto ciò rappresenti un elemento positivo della cultura del bere nei giovani italiani», si riscontra anche qualche elemento di attenzione (e preoccupazione), in particolare per una convergenza femminile verso condotte maschili nell'uso di alcol e un'associazione tra comportamenti negativi per la salute «di diversa natura, quale consumo di alcolici in elevate quantità, tabagismo, consumo di sostanze psicoattive e rapporti sessuali a rischio».
I giovani continuano ad attribuire importanza alle relazioni amicali che co-partecipano «ai processi di socializzazione» e contribuiscono a «determinare l'identità». Ben il 77% dei giovani coinvolti dalla ricerca dice di avere un gruppo di amici. Oltre a ciò, «la socialità, la convivialità e l'abilità di saper stare in gruppo sono competenze oggi molto apprezzate come caratteristiche della personalità individuale e anche come skills spendibili nel mercato del lavoro».

Antonio Salvati

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