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Il declino del Servizio Sanitario Nazionale


Sono giornate convulse per la nostra sanità.
In questi giorni si susseguono notizie relative all’emergenza per la mancanza di medici negli ospedali e nei Pronto soccorso. Non sono pochi coloro che denunciano da tempo il lento e costante scivolamento del nostro Servizio sanitario nazionale verso un inarrestabile declino.
Malgrado ampie e importanti aree di eccellenza sia professionale sia tecnologica, il nostro SSN in diverse regioni del paese ha iniziato abbandonare al proprio destino milioni di cittadini che non riescono più ad accedere a servizi, sia preventivi sia diagnostici, assistenziali e riabilitativi.
In altri termini, un servizio sanitario estremamente differenziato dove a realtà di eccellenza si contrappongono situazioni da terzo mondo. Proprio l’anno scorso abbiamo celebrato i 40 anni dell’istituzione del SSN, significativamente definito come la più importante opera pubblica mai costruita nel nostro Paese, basata sul ruolo fondamentale delle Regioni.
I fattori del declino
L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle malattie croniche e la crisi economica con conseguente definanziamento della spesa pubblica hanno determinato negli ultimi decenni l’impossibilità per i decisori pubblici di trovare abbastanza risorse per finanziare il sistema, per i manager di gestire organizzazioni sempre più complesse, per gli operatori sanitari di assistere i propri pazienti e per i cittadini di esigere prestazioni sanitarie finanziate con le loro tasse e che dovrebbero essere gratuite al momento del bisogno.


Queste argomentazioni Walter Ricciardi, medico ed accademico, le ripete da tempo, soprattutto quando era alla guida dell’Istituto Superiore di Sanità, incarico lasciato in anticipo lo scorso dicembre, anche a causa di alcune posizioni del Governo su vaccini e su migranti (per Ricciardi la legge che ha ripristinato l’obbligatorietà delle profilassi è stata una conquista per il Paese che ha messo in sicurezza migliaia di bambini, ristabilendo anche la verità scientifica sui vaccini, strumento essenziale di salute pubblica; netto il suo disaccordo verso coloro che hanno paventato su fantomatici rischi di epidemie relativi ai migranti).
Recentemente è uscito un suo volume, La battaglia per la salute (editori Laterza) nel quale avverte che il SSN oggi è più a rischio che mai e il guaio è che molti sembrano far finta di niente.
Un settore complesso e costoso
È evidente che la sanità è oggi uno dei settori più complessi e costosi da gestire. Questa complessità è spesso gestita inadeguatamente con lo sviluppo di situazioni paradossali, come quella che a fronte di grandi professionalità e strumenti tecnologici evoluti – sicuri ed efficaci – si ricorre sempre più a pratiche alternative o di scarsa o nulla scientificità.
Forse – a mio avviso – anche a causa del fatto che non tutti i medici sono stati adeguatamente educati a una migliore ed efficace comunicazione con i pazienti.
La grande crisi finanziaria del 2007
L’Italia - tra gli Stati membri dell’Unione Europea - è stata sicuramente uno dei Paesi più colpiti dalla recessione. Il nostro risulta essere l’unico tra i Paesi più industrializzati a non aver ancora recuperato i livelli di PIL del 2007.
Inoltre, a livello dei Paesi Ocse più avanzati l’Italia si è dimostrata uno dei Paesi con il sistema di aiuti ai redditi meno efficace in assoluto: Italia e Spagna sono gli unici Paesi dove nel periodo della crisi (2007-2012) alla riduzione del PIL si è legata una pressoché equivalente riduzione del reddito disponibile delle famiglie.
Più poveri, più diseguaglianze.
In Italia la crisi ha aumentato anche la povertà assoluta, specialmente tra il 2011 e il 2018 si è registrato un vero e proprio balzo nel numero delle famiglie e degli individui in condizione di povertà.
Considerato che il livello di salute di una popolazione è fortemente correlato con la sua condizione economica, ci si dovrà attendere un peggioramento generale delle condizioni di salute nel nostro Paese. Già oggi essere donna e anziana al sud significa avere buone possibilità di essere abbandonate ad una vecchiaia in solitudine e con una scarsa qualità della vita.
Le disuguaglianze di salute sono da tempo un fenomeno monitorato in tutto il mondo e in forte crescita. Il Sud del nostro paese negli ultimi vent’anni è stata l’unica aerea a far registrare una costante decrescita economica, sociale e sanitaria.
Austerity vs sviluppo
Il volume contiene numerosi dati circa i pregi e i difetti del nostro SSN, sulle condizioni di salute degli italiani e sulla loro qualità della vita a cui rinviamo.  Le pagine decisamente interessanti – a mio parere – sono quelle relative agli scenari futuri, considerando che non possiamo continuare a considerare la sanità esclusivamente una voce di costo, facile da tagliare quando vi è bisogno di austerity.
Non è la strada per lo sviluppo del Paese. È evidente che occorre porre attenzione ai saldi di bilancio, con la consapevolezza che dietro ai tagli spesso ci sono meno medici, meno infermieri, meno servizi e più malati, più sofferenza, più disperazione e con conseguenti aumenti del tasso di mortalità.
Che futuro ci attende?
I modelli matematici a nostra disposizione ci indicano cosa potrebbe verificarsi in futuro. Il numero delle persone con multicronicità – cioè coloro che soffriranno nel prossimo futuro di almeno tre malattie croniche –, considerando la loro prevalenza sulla struttura per età della popolazione prevista per i prossimi venti anni, dovrebbe attestarsi su circa 13 milioni nel 2024 e di oltre 14 milioni nel 2034, pari rispettivamente al 20,2% e 22,6% della popolazione.
Rilevante il fenomeno tra gli anziani: nel 2024, infatti, a livello nazionale tale condizione interesserà circa 9 milioni di individui ultra sessantacinquenni, numero che salirà nel 2034 a circa 11 milioni. Lo scenario, quindi, ci mostra per il futuro una situazione di crescenti bisogni da parte di una popolazione sempre più anziana e disabile.
La proposta per un piano di salvataggio
L’aumento assoluto della richiesta di assistenza sanitaria richiederebbe un inevitabile incremento della spesa al fine di garantire adeguati livelli di salute.
Per Ricciardi il “piano di salvataggio” del nostro SSN dovrebbe passare almeno attraverso le seguenti tre azioni:
1) rimodulare le prestazioni erogate gratuitamente a tutti i cittadini – i cosiddetti Lea, Livelli essenziali di assistenza – in base a rigorosi criteri scientifici, destinando alla spesa privata quelli a basso valore;
2) ridefinire i criteri della compartecipazione alla spesa sanitaria e le detrazioni per spese sanitarie, tenendo conto anche del valore delle prestazioni e attuando al più presto un riordino legislativo della sanità integrativa;
3) realizzare concretamente un piano nazionale della prevenzione.

Antonio Salvati

Rosalba Segatori

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