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Italiani sempre meno. Il Belpaese senza gli italiani


Puntualmente ogni anno l’Istat ci segnala i dati demografici del nostro paese che dal 2015 registra un consolidato declino demografico. Già a partire dal 2015 il numero di nascite è sceso sotto il mezzo milione e nel 2018 si è registrato un nuovo record negativo: sono stati iscritti in anagrafe per nascita solo 439.747 bambini, mai così pochi dall'Unità d'Italia. Al 31 dicembre 2018 la popolazione ammonta a 60.359.546 residenti, oltre 124 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,2%) e oltre 400 mila in meno rispetto a quattro anni prima. Il calo è interamente attribuibile alla popolazione italiana, che scende al 31 dicembre 2018 a 55 milioni 104 mila unità, 235 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Rispetto alla stessa data del 2014 la perdita di cittadini italiani (residenti in Italia) è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300 mila unità. Senza l'apporto dei nuovi cittadini stranieri, che negli ultimi 4 anni sono aumentati di 638mila unità, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300 mila. Ma se l'incremento delle nascite registrato fino al 2008 era dovuto principalmente alle donne straniere, negli ultimi anni ha iniziato progressivamente a ridursi anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). A livello nazionale il tasso di crescita naturale si attesta a -3,2 per mille e varia dal +1,7 per mille di Bolzano al -8,5 per mille della Liguria. Anche Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Molise presentano decrementi naturali particolarmente accentuati, superiori al 5 per mille.


Su questi dati estremamente interessanti per meglio comprendere quali politiche di natalità intraprendere si è interrogato Paolo Ciani, consigliere regionale di Democrazia Solidale, DEMOS, e vice presidente della Commissione Sanità della Regione Lazio: “Emerge un quadro decisamente poco rassicurante, nonostante alcuni elementi che danno fiducia alla nostra Regione. A livello nazionale, da 4 anni consecutivi la popolazione complessiva diminuisce, con una perdita di oltre 400 mila residenti, più degli abitanti di Bologna. Fino a 5 anni fa la popolazione continuava a crescere grazie agli arrivi di nuovi cittadini da altri Paesi. Ora neanche le migrazioni riescono più a compensare il numero dei decessi rispetto ai nuovi nati. Molto negativo è il dato sulle nascite, non solo nel Lazio ma a livello nazionale. È un problema che i demografi segnalano da molti anni, c’è un trend che dura ormai da molti anni (addirittura dalla metà degli anni Settanta) e che richiede un impegno forte da parte di tutti gli attori. E’ evidente la necessità di politiche sulla natalità. Politiche a livello nazionale, regionale e anche comunale, perché i comuni hanno una responsabilità importante per le politiche sociali. Con DEMOS vogliamo impegnarci su questi punti”.
Nel rapporto dell’Istat si legge: “Dalla capacità del nostro sistema socio-sanitario di proteggere gli individui più fragili dalle condizioni di rischio congiunturali e ambientali, con azioni di prevenzione e di cura mirate dipenderà, in buona parte, l’evoluzione futura altalenante o meno dei decessi”. Prosegue Ciani: “Questo mi sembra un punto decisivo, quello della cura degli anziani fragili. Personalmente mi sono speso su questo, impegnando la nostra Regione a stanziare fondi in favore di programmi per prevenire l’isolamento sociale degli anziani. Perciò trovo significativo quanto emerge sul calo della mortalità nella nostra regione: i morti sono stati 57.289, circa duemila in meno dello scorso anno, e il tasso di mortalità è leggermente più basso di quello nazionale (9,7% rispetto al 10,5% nazionale). E' un dato che ci incoraggia a proseguire l’opera di sostegno agli anziani più fragili”.


In Italia negli ultimi anni – segnala la Comunità di Sant’Egidio - è cresciuto in modo preoccupante il numero delle famiglie monoparentali. Attualmente circa la metà degli anziani con più di 85 anni vive solo e con non poche difficoltà. Tale fenomeno riguarda tutti i paesi europei.
Accanto all’attuazione di misure di sostegno messe in pista dagli enti locali, tutti possiamo in qualche modo contribuire a spezzare la solitudine di chi è anziano. Infatti, uno dei problemi più sentiti in vecchiaia è quello della solitudine. Spesso le giornate appiano a chi è anziano troppo lunghe e tutte uguali. Tanti trascorrono lunghi periodi senza incontrare nessuno e senza ricevere visite. In tal senso, anche fermarsi a fare due chiacchiere può fare la differenza. Si può, talvolta con poco, costruire insieme una cultura della solidarietà e dell’accoglienza verso chi è anziano.

Antonio Salvati

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