La Capitale e le periferie, una proposta "costituente"

«una sfilata di dolente umanità, quella dei baraccati [...]; figure nere, caparbie, silenziose, di contadini abruzzesi, calabresi, siciliani, ciascuno con la propria parlata, il profumo della loro terra» [1].

Quella Capitale, allora, scuoteva ed interrogava molte coscienze: non solo quelle degli analisti delle società urbane, ma anche quelle della politica e del mondo religioso. Iniziava allora una complessa crisi politica del governo cittadino, nel dopoguerra sempre guidato da sindaci democristiani, che portò le sinistre in Campidoglio in occasione delle elezioni del 1976, con l'elezione a sindaco di Giulio Carlo Argan.
Ma anche il mondo cattolico partecipò in prima linea a quella stagione: dopo il Concilio, Roma celebrò nel febbraio 1974 l'importante evento dedicato alle Aspettative di carità e giustizia dei cristiani a Roma, rimasto nella memoria collettiva come il convegno sui "mali di Roma" [2]: un incontro dove convergeranno molte energie "inedite" della chiesa romana e da cui partirà una stagione di impegno originale per i poveri e per la costruzione di un orizzonte condiviso nella città.
Sono trascorsi più di quarant'anni da allora. Che ne è oggi della Capitale? Certo, i temi di
allora sono in parte cambiati; eppure, Roma sembra avviluppata ancora - da qualche
anno con maggiore evidenza - in una crisi profonda. Sono le cronache degli ultimi anni,
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Theodor Mommsen |
Che fare? «Che cosa intendete fare a Roma?», diceva in "tuono concitato" l'umanista tedesco Theodor Mommsen a Quintino Sella all'indomani dell'arrivo del governo sabaudo a Roma, nuova capitale del Regno.
«Questo ci inquieta tutti; a Roma non si sta senza propositi cosmopoliti. Che cosa intendete di fare?»
Queste preoccupate riflessioni di Mommsen [3] sono stete evocate lo scorso 12 gennaio - in un affollato incontro dal titolo Una costituente per Roma - da Andrea Riccardi.
La proposta è appunto quella di dare luogo ad una costituente per affrontare le crisi della Capitale e Andrea Riccardi - come ha giustamente ricordato la moderatrice dell'evento, Lucia Annunziata - suggerisce da tempo la convocazione delle energie migliori per provare a tracciare un orizzonte nuovo per Roma: ne parlò la prima volta già nel 1989 [4], nel pieno di una severa crisi cittadina che - vista oggi a quasi trent'anni di distanza - è testimone davvero di un'altra epoca: c'erano ancora la DC e il muro di Berlino, si discuteva di unità politica dei cattolici e il sindaco non era eletto dai cittadini ma veniva ancora scelto dal consiglio comunale...
Vi tornò di nuovo nel 2015, dopo gli arresti dell'operazione "mondo di mezzo" e la "scoperta" delle infiltrazioni malavitose in Campidoglio. Ora, a poco tempo da quell'ultimo appello, ecco ancora una volta la proposta della costituente. Afferma Riccardi:
Paolo Sassi
[1] Giovanni Berlinguer e Piero Della Seta, Borgate di Roma, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 287.
[2] Marco Impagliazzo, La diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI (1963-1978), Milano, Guerini e associati, 2006, p. 141.
[3] Discorsi parlamentari di Quintino Sella, Roma, Camera dei Deputati, 1887, vol. 1, p. 292.
[4] Grazia Pagnotta, Sindaci a Roma. Il governo della Capitale dal dopoguerra a oggi, Roma, Donzelli, 2006, p. 119.
[5] Andrea Riccardi, Periferie. Crisi e novità per la Chiesa, Milano, Jaka Book, 2016, pp. 7 e ss.

Vi tornò di nuovo nel 2015, dopo gli arresti dell'operazione "mondo di mezzo" e la "scoperta" delle infiltrazioni malavitose in Campidoglio. Ora, a poco tempo da quell'ultimo appello, ecco ancora una volta la proposta della costituente. Afferma Riccardi:
«la politica e le istituzioni – oggi ancora di più drammaticamente, e forse in alcuni momenti con un pessimismo radicale – non riescono più a dare un futuro a Roma. [...] [V]iviamo in nicchie. E qui c'è il malessere profondo di questa città. [L]'idea della costituente per Roma [...] è – mi sembra – l'idea di guardare al di là e di convocare fuori dalle nicchie – e soprattutto fuori dai grandi spazi di rassegnazione – le intelligenze, le volontà, le diversità di un mondo romano che è molto ricco.L'idea rilanciata da Andrea Riccardi è diretta ed essenziale: oltre che «convocare l'intelligenza e le energie per riflettere su questa città», è necessario
La crescita della tecnologia delle informazioni, le reti delle università e tant'altro [...] non bastano a fare città, perché qualcosa è morto nella città di Roma: cioè è morto il senso di un comune destino urbano. È inutile parlare di politica quando non c'è un sentire il destino di essere Roma e di essere romani».
«rivolgersi alle periferie [...] [L]a cultura dell'abusivismo [...] è tipica dei romani dal dopoguerra in poi, perché un terzo di questa città è stata costruita con l'abusivismo [...] e la cultura dell'abusivismo è diventata la mentalità del "si salvi chi può" [...] [L]a risposta a tutto questo deve essere una nuova passione, un nuovo investimento nella periferia di Roma. Cioè: se non rinasce una sensibilità “sociale”, la crisi di questa città è profonda. Io penso sia necessaria una concentrazione ideale su Roma e sul suo progetto. Ma è necessario d'altra parte riscoprire un’enorme città dolente, rassegnata».Andare - o tornare - in periferia. Si tratta di uno dei pilastri della proposta di Bergoglio alla chiesa prima del conclave che lo eleggerà papa [5]; una proposta che ora viene rivolta (e rinnovata) alla politica ed alla società civile. Chissà che qualcuno non la raccolga sul serio...
Paolo Sassi
[1] Giovanni Berlinguer e Piero Della Seta, Borgate di Roma, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 287.
[2] Marco Impagliazzo, La diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI (1963-1978), Milano, Guerini e associati, 2006, p. 141.
[3] Discorsi parlamentari di Quintino Sella, Roma, Camera dei Deputati, 1887, vol. 1, p. 292.
[4] Grazia Pagnotta, Sindaci a Roma. Il governo della Capitale dal dopoguerra a oggi, Roma, Donzelli, 2006, p. 119.
[5] Andrea Riccardi, Periferie. Crisi e novità per la Chiesa, Milano, Jaka Book, 2016, pp. 7 e ss.
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